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Onorevole Di Battista, «finchè c’è guerra c’è speranza»


Domenica scorsa, le prime pagine dei maggiori quotidiani italiani riportavano i duri giudizi del mondo politico e giornalistico sulle dichiarazioni del Deputato del M5S Alessandro Di Battista, che si era espresso sulla questione mediorientale con un post intitolato “ISIS che fare?”. Non volendo, per così dire, “aumentare l’entropia” scaturita dalle affermazioni del Deputato Di Battista, di cui nutro una certa stima, mi asterrò dal commentare  e approvare pubblicamente quanto da costui affermato; mi soffermerò invece sulla palese ambiguità della politica e di una parte del giornalismo italiano che dovrebbe chiedersi (la politica) e magari indagare (il giornalismo) su chi arma e appoggia le milizie dell’ISIS (Islamic State of Iraq and Syria), invece di  attaccare le voci critiche e libere che cercano di tracciare un quadro quantomeno reale su cui azzardare una soluzione pacifica della questione.
Comunque, tra i giornali che ho avuto modo di leggere domenica mattina, Il Sole 24Ore a pagina 7, sotto il titolo “«Terrorismo unica arma dei ribelli» Di Battista shock sull’ISIS, è bufera”, registrava  le reazioni bipartisan di totale condanna delle parole di Di Battista, regalando a fine articolo un corposo spazio alle dichiarazioni di Debora Serracchiani che accusava Di Battista, ma anche Beppe Grillo (è il caso di dire tutto fa brodo!), di aprire ad «una visione di stampo integralista o banalmente autoritario». Lo stesso giornale, alla pagina precedente, a firma di Alberto Negri ci spiegava che lo Stato Islamico di Iraq e Syria (ISIS), che vuole istituire il Califfato nel cuore del Medioriente e che controlla un terzo della Siria e un terzo dell’Iraq, ha una base sunnita e che è riuscito ad infilarsi «sfruttando la guerra  per procura che si stanno facendo Iran, Turchia, Arabia Saudita e monarchie del Golfo».
Cosa significa sfruttare la guerra per procura? Significa che Iran, Turchia, Arabia Saudita, Qatar fanno la guerra a Stati, come la Siria e Iraq, sostenendo con armi e denaro gruppi jihadisti come Al-Nusra, Fronte Islamico e ISIS. Assai più dettagliatamente qualche giorno prima delle dichiarazioni del Deputato M5S, il quotidiano La Stampa (domenica sentenziava E Di Battista giustifica i Terroristi dell’ISIS) faceva sapere ai propri lettori che diversi parlamentari turchi accusavano il Governo di Erdogan di consentire «ai jihadisti di accedere a una serie di campi di addestramento che vanno dalle frontiere con Siria e Iraq alle porte di Istanbul». Inoltre, nello stesso articolo, era scritto che in sede NATO (alleanza di cui fa parte la Turchia), secondo indiscrezioni, vi è  «il sospetto di un sostegno non dichiarato della Turchia al califfo Abu Bakr al-Baghdadi, chiamando in causa Hikan Fidal, capo dell’intelligence fedelissimo di Erdogan». Ma non è solo la Turchia ad essere tirata in ballo, poiché a sostenere con fondi e armi «le cellule di ISIS» ci sarebbero anche  - sempre secondo il giornale La Stampa -  Arabia Saudita, Qatar ed Emirati.
Si scopre così che alcuni partner commerciali dell’industria bellica italiana sono tra coloro che sostengono «con fondi e armi, le cellule di ISIS». Su questo elemento però la politica non si è per nulla indignata, anzi lo scorso novembre il Governo italiano ha inviato un gruppo navale nei succitati Paesi arabi per promuovere il made in Italy in fatto di armi, organizzando a bordo di navi militari dei veri e propri stand espositivi per la vendita di sistemi missilistici, armi portatili come fucili d’assalto e da cecchino. Il war tour, come è stato battezzato dal settimanale Famiglia Cristiana (una delle poche voci critiche sull’operazione), fu addirittura tenuto nascosto dall’ex Ministro della Difesa Mauro, che poi fu smentito dalle eloquenti immagini scattate su nave Cavour dal giornale The National (www.thenational.ae/business/in-pictures-aboard-the-italian-aircraft-carrier-cavour#image-7 ).
In questi giorni il Governo sta facendo di più. Dopo aver incassato il via libera dalle commissioni parlamentari di Esteri e Difesa, si appresta ad armare i Peshmerga curdi per fermare i miliziani del nascente califfato (ISIS). In questo modo non si fa altro che gettare benzina sul fuoco, col rischio che le armi consegnate alle milizie curde potranno in futuro essere usate per fare la guerra al governo di Baghdad: «consegnando armi pesanti ai curdi – ha ricordato Le Monde - e comprando direttamente il loro petrolio, come fanno gli Stati Uniti, l’occidente rischia di risolvere un problema urgente creandone un altro ancora più spinoso».
Finché c’è guerra c’è speranza è un film di Alberto Sordi del 1974, ma la sua attualità continua ad essere la cruda testimonianza di un modo di intendere gli altri da parte di alcune società, cosiddette sviluppate, che sotto il velo dell’ipocrisia, intessuto di belle parole e incardinato su principi svuotati della loro sostanza, celano la crudeltà dell’ Homo homini lupus.

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