Il movimento Cinque Stelle, nonostante il silenzio dei grandi media, è riuscita alle scorse elezioni a fare il boom di consensi, raggiungendo in diversi comuni l’elezione al primo turno del proprio candidato sindaco, il rinvio al ballottaggio o comunque alte percentuali di consensi. Leitmotiv del programma elettorale dei candidati grillini è stato pressappoco il seguente “non chiediamo agli elettori il voto per ottenere il mandato, ma la scelta di un nostro candidato deve essere per il cittadino un impegno di partecipazione alla vita politica”. L’impostazione logica del movimento di Grillo riempie sicuramente una frattura apertasi tra cittadini e partiti politici, che hanno smesso da decenni di essere luoghi di partecipazione, e il largo consenso ottenuto gli hanno dato ragione. I partiti sono oramai
roccaforti inespugnabili al cui interno sono asserragliati le diverse signorie che compongono tutt’assieme l’elite politica, mentre i cittadini sono lasciati fuori le mura, nonostante da tempo spingano con sempre maggiore vigore alla porta cercando di spezzare il serraglio per entrarvi. Al di là di questa immagine epica, quello che nuoce alla nostra giovane democrazia è proprio l’esclusione dalla vita politica e amministrativa dei cittadini. Anzi la partecipazione è considerata non un valore aggiunto – come invece dovrebbe essere - ma un intoppo, un intromettersi in fatti che non riguardano il cittadino che con l’elezione esaurisce il proprio ruolo, delegando al partito o al singolo rappresentante il trattamento di questioni politiche. Potrebbe sembrare un’esagerazione, ma questa è oramai la prassi che regola il rapporto politica/cittadinanza a tutti i livelli. Il movimento cinque stelle propone invece al cittadino di stabilire un patto tra elettore ed eletto, in cui quest’ultimo si impegna a rappresentare e a mediare la volontà popolare, mentre il primo si obbliga a partecipare alla vita politica, delegando pertanto solo la rappresentatività ma non l’attività politica. Si vuole in fondo realizzare la tanto sbandierata “cittadinanza attiva” che è l’unica medicina per curare la democrazia dal male che la rende sempre più post-democrazia.
roccaforti inespugnabili al cui interno sono asserragliati le diverse signorie che compongono tutt’assieme l’elite politica, mentre i cittadini sono lasciati fuori le mura, nonostante da tempo spingano con sempre maggiore vigore alla porta cercando di spezzare il serraglio per entrarvi. Al di là di questa immagine epica, quello che nuoce alla nostra giovane democrazia è proprio l’esclusione dalla vita politica e amministrativa dei cittadini. Anzi la partecipazione è considerata non un valore aggiunto – come invece dovrebbe essere - ma un intoppo, un intromettersi in fatti che non riguardano il cittadino che con l’elezione esaurisce il proprio ruolo, delegando al partito o al singolo rappresentante il trattamento di questioni politiche. Potrebbe sembrare un’esagerazione, ma questa è oramai la prassi che regola il rapporto politica/cittadinanza a tutti i livelli. Il movimento cinque stelle propone invece al cittadino di stabilire un patto tra elettore ed eletto, in cui quest’ultimo si impegna a rappresentare e a mediare la volontà popolare, mentre il primo si obbliga a partecipare alla vita politica, delegando pertanto solo la rappresentatività ma non l’attività politica. Si vuole in fondo realizzare la tanto sbandierata “cittadinanza attiva” che è l’unica medicina per curare la democrazia dal male che la rende sempre più post-democrazia.
Comunque i risultati delle elezioni del 6 e 7 maggio 2012 impongono una questione: come mai al nord il movimento Cinque stelle raggiunge punte del 12% mentre al sud non raggiunge il 5? La risposta credo sia da ricercare nelle dinamiche sociali e politiche che sono alla base della scelta della rappresentanza nelle regioni del Sud che, continuando ad essere serbatoio di voti dei partiti maggiori (PD, PDL, UDC), non è ancora pronto ad accettare quel patto, di cui si diceva sopra, che i “grillini” cercano di stringere con gli elettori. Al sud continuano ad esistere dinamiche elettorali che si basano sul voto di scambio e sul clientelismo, dinamiche che, proprio in sede elettorale - secondo gli analisti della politica -danno vita a veri e propri tour operator del voto. Pertanto, mentre al nord si giunge a soluzioni elettorali che mirano a responsabilizzare l’elettorato, al sud si continua a tenere in piedi, nella connivenza consapevole tra una cittadinanza minima basata su un elettorato passivo e una classe politica svincolata da qualsiasi obbligo verso l’interesse generale, una prassi politica deleteria sia per la politica stessa che per un già martoriato territorio.
È da precisare che quanto sta ora avvenendo nel nord dell’Italia è già da tempo una realtà in altri paesi Europei (vedi il caso dei Pirati in Germania) e va visto come una risposta alla crisi economica attuale. Un nuovo patto per ricollegare due mondi oramai separati, politica e cittadinanza, potrebbe sicuramente essere la principale risposta alla crisi e alle nuove sfide - di ordine economico, sociale, di utilizzo del territorio, occupazionali, etc. - che essa comporta. Credo che sia il caso di riconoscere che il fenomeno dei “grillini” segni la nascita in Italia di una politica a Cinque Stelle.
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