Ci sono parole che sottendono concetti; ve ne sono altre, invece, che sottendono realtà talmente amare quanto tragiche che si evita persino di pronunciarle. Sono parole che esprimono il male di un mondo reale ma che persino i “viri boni” preferiscono tacere. Una di queste è *****.
Durante le esequie di Placido Rizzotto, sindacalista ucciso dalla ***** nel ’48 e le cui spoglie sono state ritrovate ed identificate solo ora, l’arcivescovo di Monreale, Salvatore Di Cristina, dal pulpito non ha mai pronunciato la parola *****. Solo un’ora dopo, davanti al cimitero di Corleone, don Ciotti nell’omelia l’ha pronunciata.
Anche nel mio paese dopo la bomba del 31 dicembre, fatta esplodere sull’uscio dell’abitazione del
presidente del consiglio comunale, furono fatte tante ipotesi ma nessuno parlò di *****. Si parlò “di un avvertimento o forse no”, di uno scherzo andato oltre, ma alla ***** nessun cenno.
presidente del consiglio comunale, furono fatte tante ipotesi ma nessuno parlò di *****. Si parlò “di un avvertimento o forse no”, di uno scherzo andato oltre, ma alla ***** nessun cenno.
Qualcosa di simile è successo dopo il tragico evento della scuola Morvillo-Falcone di Brindisi, dove solo in un primo tempo si è parlato di *****, per poi declinare, anche per voce di esponenti della stessa *****, che la ***** non uccide i ragazzi e tutti – opinionisti, studiosi - pronti a confermarlo, dimenticando (o facendo finta di dimenticare) che tra le cinque innocenti vittime della strage di via dei Georgofili a Firenze vi era anche Nadia Nencioni di nove anni. Dimenticando anche il piccolo Giuseppe di Matteo che a 13 anni la ***** sciolse nell’acido perché figlio di un capo della ***** da eliminare.
Riconoscere la presenza della ***** sul territorio è risultato difficile anche al sindaco di Mesagne che in risposta ai giornali, che in questi tristi giorni hanno ricordato lo storico legame tra la cittadina messapica e la *****, ha inviato una lettera al Fatto Quotidiano in cui, senza negare il fenomeno della *****, ha chiesto alla testata giornalistica di parlare della parte buona della società di Mesagne, di coloro che vivono onestamente, di quegli imprenditori e cittadini operosi che hanno combattuto e combattono contro il pizzo, il racket. «A Mesagne – ha aggiunto il sindaco - le Istituzioni locali promuovono incontri pubblici con personaggi come i magistrati Ingroia, Ayala, Caselli, Motta, o con figure luminose quali Maria Falcone e Rita Borsellino, perché la lotta alle mafie e la promozione dei valori della legalità rappresentino le direttrici di ogni cittadino». L’appello del sindaco è chiaramente legittimo e - se vogliamo - anche opportuno, ma reputo che ci sia dell’ingenuità nel continuare a mostrare che da queste parti esistano due mondi ben distinti, in cui in uno vi è il bene (la gente che vive nella legalità) che lotta contro il male (chi vive nell’illegalità); inoltre parlare di ***** in questi termini significa continuare a omettere la reale entità del fenomeno *****. È chiaro che, in gran parte, la cittadinanza mesagnese è gente onesta, rispettosa della legalità; ma quale prezzo questa deve pagare alla prepotenza di chi quotidianamente mostra e fa sentire il suo potere sul territorio? Il prezzo più amaro è il silenzio che nasce dalla paura: non solo la paura del picciotto che è pronto ad ammazzarti se gli neghi il rispetto o non gli dai ciò che pretende, ma anche quella paura, difficile da descrivere, ma che chiude le bocche dei cittadini onesti. *****, infatti, da queste parti è qualcosa di diverso dallo stereotipo che ci viene propinato, ed è qualcosa che sporca inesorabilmente la vita di ognuno, anche quella di chi vive nella legalità. Te la ritrovi ovunque: tra le corsie degli ospedali, nelle scuole, nelle questure, mentre passeggi per le vie della tua città, nelle rappresentanze politiche, tra gli uliveti e i vigneti sfregiati, alle prove dei concorsi, nell’attribuzione degli appalti pubblici, nella scelta delle aree da lottizzare. Chi vive da queste parti sa che la ***** è forte e lo dimostra il fatto che te la ritrovi, grazie al lavoro di personalità di spicco - cosiddette colletti bianchi che spesso sono pure rappresentanti istituzionali – rigenerata, ripulita e ripresentata nel mondo della legalità, e nel suo diabolico trasformismo la puoi trovare nelle adunanze pubbliche persino a magnificare la legalità. Il cittadino di fronte a tutto ciò quando non è nei cortei o alle celebrazioni delle vittime della *****, dove masse di gente urlano che la ***** è una montagna di merda e quindi lo fa anche lui, ha paura solo a pronunciarla la parola *****. Il silenzio che c’è ogni volta che volutamente si omette di pronunciare o di riconoscere la ***** è il segno che la prima vittima della ***** è proprio la libertà di ognuno di noi.
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