Il 15
Il 15 ottobre in 951 città del mondo si è tenuta la giornata delle manifestazioni degli indignati. Il Movimento che è partito da Madrid si è diffuso in quei paesi in cui l’economia è stata colpita dalla crisi perciò l’indignazione del movimento di sabato 15 era principalmente contro il mondo della finanza. Ovunque l’appello è stato accolto pacificamente, «solo a Roma – come afferma Eric Jozsef corrispondente del quotidiano francese Libération- la manifestazione si tinta di nero dando luogo a una battaglia urbana». All’indomani della manifestazione tutto il mondo politico ha preso le distanze dai violenti che sono stati individuati come Black Bloc, ricordando con questo nome i facinorosi che, a viso coperto, diedero vita alle violenze del G8 di Genova. Anche gli organizzatori dell’evento hanno preso le
distanze dai violenti, nonostante le immagini di piazza San Giovanni mostrassero migliaia di indignati solidarizzare coi giovani a viso coperto che attaccavano i mezzi di polizia e carabinieri con spranghe, san pietrini e molotov. A distanza di qualche giorno tutto è stato sbrigativamente sistemato con l’arresto di qualche bullo di quartiere e di un “pericoloso” insurrezionalista. In questo modo con l’aiuto dei media tutta la classe politica ha fornito all’opinione pubblica una realtà distorta della manifestazione degli indignatos nostrani, oscurando oltretutto le reali motivazioni della manifestazione, che ricordiamo essere stata internazionale. È chiaro che tutto ciò che è movimento è visto come una minaccia dal mondo partitico italiano (sia di destra che di sinistra), per cui la stigmatizzazione dei violenti - che lo stesso Bersani ha definito «qualche centinaio di delinquenti» – è servita a liquidare frettolosamente l’evento. È opportuno invece che la violenza dei fatti di Roma debba essere seriamente valutata e analizzata dal mondo politico proprio per evitare che questo genere di cose si ripetano in futuro. Lungi dal voler trovare una giustificazione alla violenza, si vuole denunciare invece la frustrazione che i cittadini italiani vivono in questo momento. Una frustrazione che nasce dalla distanza che si è creata tra loro e le istituzioni dello stato, non solo quelle politiche. Quale personaggio delle istituzioni è oggigiorno pronto ad ascoltare le lamentale, le denunce di un semplice cittadino? Nessuno! Questa è l’anomalia dell’Italia, che si lega con un filo rosso alla violenza di Roma. Oltretutto l’alzata di scudi del mondo politico all’indomani del 15 ottobre, senza un’opportuna riflessione sulla violenza di Roma, finisce per esacerbare gli animi, andando in futuro verso livelli di scontro ancora più alti. Cosa bisogna fare per eliminare realmente il brodo di coltura alla violenza di piazza? Bisogna far riacquistare ai cittadini la fiducia nelle istituzioni. E per ottenere ciò le istituzioni devono fare le istituzioni, devono cioè tener al centro della loro azione la difesa del cittadino e non appoggiare questa o quella forza politica od economica a svantaggio dell’unica figura su cui prende forma la democrazia: il cittadino.
distanze dai violenti, nonostante le immagini di piazza San Giovanni mostrassero migliaia di indignati solidarizzare coi giovani a viso coperto che attaccavano i mezzi di polizia e carabinieri con spranghe, san pietrini e molotov. A distanza di qualche giorno tutto è stato sbrigativamente sistemato con l’arresto di qualche bullo di quartiere e di un “pericoloso” insurrezionalista. In questo modo con l’aiuto dei media tutta la classe politica ha fornito all’opinione pubblica una realtà distorta della manifestazione degli indignatos nostrani, oscurando oltretutto le reali motivazioni della manifestazione, che ricordiamo essere stata internazionale. È chiaro che tutto ciò che è movimento è visto come una minaccia dal mondo partitico italiano (sia di destra che di sinistra), per cui la stigmatizzazione dei violenti - che lo stesso Bersani ha definito «qualche centinaio di delinquenti» – è servita a liquidare frettolosamente l’evento. È opportuno invece che la violenza dei fatti di Roma debba essere seriamente valutata e analizzata dal mondo politico proprio per evitare che questo genere di cose si ripetano in futuro. Lungi dal voler trovare una giustificazione alla violenza, si vuole denunciare invece la frustrazione che i cittadini italiani vivono in questo momento. Una frustrazione che nasce dalla distanza che si è creata tra loro e le istituzioni dello stato, non solo quelle politiche. Quale personaggio delle istituzioni è oggigiorno pronto ad ascoltare le lamentale, le denunce di un semplice cittadino? Nessuno! Questa è l’anomalia dell’Italia, che si lega con un filo rosso alla violenza di Roma. Oltretutto l’alzata di scudi del mondo politico all’indomani del 15 ottobre, senza un’opportuna riflessione sulla violenza di Roma, finisce per esacerbare gli animi, andando in futuro verso livelli di scontro ancora più alti. Cosa bisogna fare per eliminare realmente il brodo di coltura alla violenza di piazza? Bisogna far riacquistare ai cittadini la fiducia nelle istituzioni. E per ottenere ciò le istituzioni devono fare le istituzioni, devono cioè tener al centro della loro azione la difesa del cittadino e non appoggiare questa o quella forza politica od economica a svantaggio dell’unica figura su cui prende forma la democrazia: il cittadino.
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