I movimenti degli indignatos, che si sono riversati nelle piazze di Spagna, Irlanda, Grecia ma anche di Parigi e Berlino, sono il prodotto dell’indignazione di giovani e meno giovani, precari e famiglie. La loro rabbia è contro un mercato del lavoro deregolamentato sempre più indirizzato ad aumentare i profitti degli imprenditori, contro banche che producono la crisi e che poi si salvano coi soldi pubblici, contro una classe politica – sia di destra che di sinistra – sempre più interessata ad auto tutelarsi e ad essere dalla parte di chi assicura loro i voti attraverso finanziamenti.
Concita De gregorio nel suo ultimo editoriale su l’Unità ha ricordato che indignati sono anche gli
italiani come gli «operai sui tetti e sulle gru, le isole occupate dai disoccupati, gli studenti con i loro libri al collo, i cittadini dell’Aquila con le carriole, […] un milione di donne in piazza». E gli indignatos di casa nostra – continua la De Gregorio - «hanno saputo evitare la trappola della violenza trasformando la rabbia sociale in pensiero, creatività, sorprendente ironia, efficace protesta». Peculiarità queste che sono riaffiorate nelle seggi elettorali per i referendum su nucleare, acqua pubblica e legittimo impedimento. Gli indignati d’Italia sono cittadini che votano o voterebbero sia a destra che a sinistra il cui sdegno è principalmente sia contro la classe politica, che contro i partiti che continuano a volere una legge elettorale che prepotentemente gli ha usurpato il diritto di scegliere da chi farsi rappresentare. A sinistra qualcuno cerca di cavalcare la marea di indignati considerandola erroneamente una sorta di onda emotiva a cui offrire strategicamente una sponda politica, finendo poi per esserne travolto. È successo a Nichi Vendola che, dopo essere stato “poco attento” all’aumento della produzione e dell’inquinamento da parte dell’ILVA di Taranto, ha ricevuto un «NO GRAZIE!» dalle associazioni ambientaliste joniche che aveva invitato ad un incontro programmato. Ecco chi sono gli indignati di casa nostra: cittadini che non cercano un posto al sole e che preferiscono isolare, attraverso un risveglio delle pratiche democratiche, il cancro che affligge il nostro Paese. Bene farebbero la politica e i partiti politici a tenerne conto!
italiani come gli «operai sui tetti e sulle gru, le isole occupate dai disoccupati, gli studenti con i loro libri al collo, i cittadini dell’Aquila con le carriole, […] un milione di donne in piazza». E gli indignatos di casa nostra – continua la De Gregorio - «hanno saputo evitare la trappola della violenza trasformando la rabbia sociale in pensiero, creatività, sorprendente ironia, efficace protesta». Peculiarità queste che sono riaffiorate nelle seggi elettorali per i referendum su nucleare, acqua pubblica e legittimo impedimento. Gli indignati d’Italia sono cittadini che votano o voterebbero sia a destra che a sinistra il cui sdegno è principalmente sia contro la classe politica, che contro i partiti che continuano a volere una legge elettorale che prepotentemente gli ha usurpato il diritto di scegliere da chi farsi rappresentare. A sinistra qualcuno cerca di cavalcare la marea di indignati considerandola erroneamente una sorta di onda emotiva a cui offrire strategicamente una sponda politica, finendo poi per esserne travolto. È successo a Nichi Vendola che, dopo essere stato “poco attento” all’aumento della produzione e dell’inquinamento da parte dell’ILVA di Taranto, ha ricevuto un «NO GRAZIE!» dalle associazioni ambientaliste joniche che aveva invitato ad un incontro programmato. Ecco chi sono gli indignati di casa nostra: cittadini che non cercano un posto al sole e che preferiscono isolare, attraverso un risveglio delle pratiche democratiche, il cancro che affligge il nostro Paese. Bene farebbero la politica e i partiti politici a tenerne conto!
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