“Credo, per questo parlo” proclamava nelle sue Confessioni Sant’Agostino, affermazione che negli ultimi tempi è tornata in voga nella Chiesa (quella con la C maiuscola che comunica con la politica). Dopo una lunga luna di miele con l’attuale entourage governativo, il quale ha ricambiato con agevolazioni su alcune imposte (vedi l’ICI) e con finanziamenti sottratti all’istruzione pubblica per la scuola privata, gran parte in mano alla Chiesa, tra le navate delle belle chiese italiane pare riecheggiare
l’asserzione agostiniana in un’inedita versione anti-maggioranza.
l’asserzione agostiniana in un’inedita versione anti-maggioranza.
Così è stato per il Cardinale Bagnasco che ha ricordato agli interventisti nella crisi libica, tra cui il Governo italiano, «perchè per i missili c'erano soldi e intesa politica, mentre per i profughi non ci sono?». E chissà come l’hanno presa quei ministri “cristiani”, che in tema di diritti umani hanno scatenato spesso l’ira della Commissione europea, l’affermazione del Papa «mai più il vostro popolo sia oggetto di vessazioni, di rifiuto e di disprezzo!», rivolta agli oltre duemila Rom e Singi ospitati a San Pietro.
Per non parlare poi dei quattro referendum - importante test contro il governo - dove la voce della chiesa è stata talmente vigorosa che si sono “mossi” persino i santi: è accaduto per l’antico Cantico delle Creature di San Francesco utilizzato per il referendum ricordandoci di “Sor Aqua”. E ancora in tema di referendum, la mobilitazione della stampa cattolica è stata talmente robusta che ha impegnato, oltre a Famiglia Cristiana e Aggiornamenti sociali, 189 settimanali di 160 diocesi.
«La Chiesa – afferma Gian Guido Vecchi sul Corriere della Sera – ha le sue antenne, sente l’aria che tira», perciò non è un caso che essa giunga ad una mobilitazione di queste proporzioni nel momento in cui la società italiana ha avviato una svolta e non solo in termini politici. Resta a questo punto da capire il ruolo che la Chiesa vorrà assumere in un futuro prossimo per comprendere meglio se siamo di fronte ad una svolta epocale o si sta più semplicemente perpetuando l’assioma gattopardesco «se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi».
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