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bin Laden, cronaca di una morte annunciata


“Oggi il mondo è un luogo più sicuro è un posto migliore” è stata la dichiarazione del Presidente degli Stati Uniti dopo l’uccisione dell’uomo più ricercato del mondo: Osama bin Laden. Una caccia all’uomo che durava dal 1998, dopo l’attacco alle ambasciate USA in Kenya e Tanzania, che si era inasprita dopo l’11 settembre. Ma prima di azzardare delle riflessioni sulla morte di bin Laden, analizziamo il contesto e gli attori dell’intera vicenda.

Osama bin Laden, proveniva da una facoltosa famiglia saudita e durante l’occupazione sovietica afgana aveva combattuto in Afghanistan al fianco dei Mujaheddin per cacciare gli infedeli sovietici. Fu in questo periodo che si fece apprezzare dai regnanti sauditi e dalla CIA che videro in lui la persona ideale, in quanto onesta e ricca, per indirizzare i fondi destinati ai guerriglieri arabi (giordani, egiziani, magrebini) che si impegnavano nella liberazione afgana dall’Unione Sovietica. Nel 1989, quando l’Afghanistan era stata finalmente liberata dai sovietici, la famiglia reale saudita lo accolse in patria come un eroe. Ma sull’Arabia Saudita incombeva la minaccia di Saddam Hussein che nel 1990 invadeva il Kuwait. Il timore di un attacco da parte del dittatore iracheno indusse i principi sauditi a concedere agli Stati Uniti le basi militari sul territorio saudita, considerato dal mondo islamico la terra dei luoghi simbolo dell’Islam. La decisione urtava la profonda religiosità di Bin Laden che attaccò duramente i regnanti sauditi sostenendo che gli americani - così come in realtà è accaduto - non sarebbero andati più via dal “santuario” dell’Islam. A questo punto il futuro “principe del terrore” fu costretto a lasciare il suo Paese e riparare in Sudan dove iniziò a progettare il suo jihad contro i crociati statunitensi già colpevoli di appoggiare Israele. Su invito del capo dei talebani, il Mullah Omar, nel 1996 si trasferiva in Afghanistan dove, attraverso Al-qaeda, realizzerà gli attentati che hanno segnato la fine del II millennio e l’inizio del terzo.

Al-qaeda, l’organizzazione terroristica che ha caratterizzato la storia dell’ultimo decennio, nasceva dalla fusione del movimento jihaddista Al-Jihad, del medico egiziano Ayman Az-Zawahiri,
e la nascente Al-qaeda di bin Laden. Il ruolo dei due leader all’interno dell’organizzazione terroristica è stato sempre avvolto da un alone di mistero. Sono comunque in tanti a sostenere che Az-Zawahiri fosse il reale ideatore de “la-base”, mentre bin Laden, forte della reputazione di Jihaddista guadagnata dalla cacciata degli infedeli comunisti dall’Afghanistan, ben si prestava ad essere il leader carismatico dell’organizzazione. Il 7 agosto 1998 Al-Qaeda lanciava il suo primo attacco consistente contro bersagli statunitensi: gli attentati alle ambasciate USA in Kenya e Tanzania che fecero duecentoventiquattro morti e quasi cinquemila feriti. Il 12 ottobre del 2000 Al-Qaeda colpiva nel porto di Aden, nello Yemen, il cacciatorpediniere Cole. Una piccola lancia imbottita di esplosivo e pilotata da tre attentatori suicidi uccise diciassette marinai USA e ferendone trentanove. L’11 settembre 2001un manipolo di qaedisti si imbarcò su quattro aerei di linea passeggeri portando sul territorio statunitense l’attacco più cruento del nuovo millennio.

I talebani, studenti (taliban in arabo significa studenti) di orientamento sunnita, erano impegnati in studi religiosi impartiti nelle madrasa (scuole religiose) e durante l’occupazione avevano combattuto contro i sovietici. Nel 1994, mentre il paese si stava disintegrando rapidamente nell’anarchia dei signori della guerra, i giovani talebani guidati dal Mullah Mohammed Omar si affermarono attraverso un programma di massima che prevedeva la purificazione della società attraverso la sharia (la legge islamica). Presto i talebani consolidarono il loro potere in un’efficace forza militare, cacciando i signori della guerra e imponendo su quasi tutto il territorio afgano la sharia. In questo periodo il Pakistan, per via dei suoi legami con i leader talebani, persuadeva l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti a offrire appoggio, denaro e riconoscimento al movimento, denaro che veniva consegnato passando attraverso l’ISI, il servizio segreto Pakistano. La commistione con Al-Qaeda permise ai talebani di annientare l’ultimo baluardo che gli impediva la totale conquista dell’Afghanistan: il temibile mujahiddin Ahmed Shah Masud Massud, capo dell’Alleanza del Nord. Infatti fu proprio Al-Qaeda che il 9 settembre 2001in un rocambolesco attentato uccise Massud.

ISI (Inter-Services Intelligence), il servizio segreto pakistano aveva un rapporto di collaborazione con i talebani dai tempi della guerra civile contro l’Alleanza del Nord. Infatti il Pakistan persuadeva l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi ad offrire al movimento dei talebani appoggio, riconoscimento e denaro, che veniva consegnato passando attraverso l’ISI. Con la crisi afgana post 11 settembre gli Stati Uniti, nonostante il presidente Clinton avesse precedentemente inserito il Pakistan in una lista di stati da tenere d’occhio (rogue states) quali sponsor del terrorismo, hanno trovato nel Presidente pachistano Musharraf un alleato nella guerra contro i talebani. A questo punto l’ISI ha sviluppato una sua politica dei due binari, proteggendo da una parte i talebani e consegnando dall’altra componenti di Al-Qaeda arabi e altri non afgani agli Stati Uniti. Nonostante gli americani e il governo afgano fossero a conoscenza del fatto che il Pakistan ospiterebbe talebani e leader di Al-qaeda non hanno mai rivolto accuse dirette al governo centrale pachistano, ammettendo invece che l’appoggio ai talebani viene da pochi agenti dell’ISI fuori controllo.

La morte di bin Laden prima che fisica è stata politica. Il mito del terrore che, secondo illustri intellettuali occidentali, ci avrebbe condotto in uno “scontro di civiltà”, non è entrato nelle piazze in rivolta dei paesi arabi. I giovani, dalla Tunisia all’Egitto, dalla Siria allo Yemen, hanno chiesto e continuano a chiedere democrazia, diritti, libertà. Nessuno ha inneggiato ad un fantomatico califfato islamico. Anche i “temutissimi” Fratelli Musulmani egiziani hanno capito che la via da intraprendere è quella di uno Stato democratico. Incuriosisce comunque la coincidenza tra la cacciata di despoti tanto cari ai Paesi ”occidentali” e quella di un nemico come bin Laden: è come se la storia avesse di colpo cambiato pagina.
La morte politica di bin Laden è da cercare comunque nell’area dove è avvenuta la sua morte fisica. C’è chi punta il dito verso il Pakistan e i suoi servizi segreti accusandoli di aver protetto e poi fatto uccidere il terrorista più ricercato del mondo. Ma anche gli stessi talebani, “compagni di viaggio” di bin Laden, cercavano da tempo di smarcarsi dalla compagnia di Al-Qaeda stabilendo un dialogo con gli USA. Infatti dallo scorso autunno tra gli Stati Uniti e i leader talebani sono in corso trattative che dovrebbero portare ad un riconoscimento internazionale dei talebani con tanto di ufficio politico da stabilire in un primo tempo in Turchia o in uno Stato del Golfo Arabico per poi essere spostato in Afghanistan. Una riconciliazione questa necessaria per gli americani che hanno già posto sul tavolo delle trattative il progetto di «partnership strategica» che prevede, dopo il 2014, il mantenimento di basi militari in Afghanistan. Ezio Mauro sulle pagine di Repubblica ha scritto che «bin Laden muore quando il suo mondo ha cominciato a voltargli le spalle» e, aggiungerei, quando il simbolo del terrore non serviva più a nessuno.

Commenti

Anonimo ha detto…
Succede sempre accussì! Totò Riina, Provenzano, Saddam,,, ed ora Bin Laden, in era di consumismo anche i nemici si consumano...

Corvo

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