Un tempo bastava pronunciare la guerra per vedere sul volto della gente un forte turbamento. Nella mente riaffioravano ricordi di padri, zii morti in Russia, o nei lager, o in qualche parte del Mediterraneo colpiti da sommergibili Inglesi o tedeschi. La gente associava la guerra a tragedie e orrori. Negli ultimi decenni la parola guerra è stata aggettivata con termini quale umanitaria, necessaria, giusta; sino a diventare, attraverso un’alchimia lessicale, pace: peace-keeping, peace-enforcing, peace-building. In seguito a queste trasformazioni lessicali è quasi generalmente mutata a vari livelli e a varie
latitudini la percezione della guerra nella società italiana e non solo in quella italiana. Riguardo l’intervento in Libia, nei vari dibattiti, si è persino detto che occorre bombardare per evitare un’altra Guernica. A questo punto pare chiaro che «guerra morale», quindi giusta, sia l’ultima mutazione del concetto di guerra e che buona parte della (dopata) società e della politica italiana sembra condividere. Christian Rocca ha scritto sul Sole 24ore un articolo dal titolo eloquente: «Il grande rischio: pensiero unico su guerra e pace» sottolineando il rischio di non essere più in grado di sviluppare un dibattito tra sostenitori della guerra e pacifisti. Rischio che, se vogliamo, è già un dato di fatto naturato dalla totale assenza di un’opinione pubblica, ma anche dallo scarso spazio mediatico che viene concesso a personaggi pubblici che difendono il progetto pacifista come Gino Strada o Don Gallo.
Ma il pericolo ancor più grave per la nostra società è che la guerra ritenuta giusta potrebbe in futuro diventare «buona» e magari, per associazione di categorie, persino «bella». Con questa trasformazione noi italiani, e più in generale europei, avremmo perso l’eredità storica pacifista, nata dalle mostruosità della seconda guerra mondiale, e abbandonato per sempre l’idea di essere costruttori di pace. Un dibattito partecipato su guerra e pace è necessario nella nostra società poiché il pensiero unico oltre ad essere un rischio, così come afferma Rocca, può essere il presagio di eventi orribili.
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Giuseppe Corvo Baldari.