Il lavoro uccide ma uccide anche la mancanza di lavoro. Questa affermazione non vuole essere un rompicapo o un gioco di parole poichè la tragedia di cui mi appresto a scrivere non lo consente.
Mario Farisano aveva 44 anni, originario della Basilicata era emigrato a Marmorta, nel bolognese, dove cercava un futuro migliore. Aveva una moglie e due bambine una di 13 ed una di 6. Mario lavorava in una fonderia e la moglie presso un laboratorio di un artigiano. Da un anno lui e la moglie avevano perso il lavoro.
Venerdì Mario ha accompagnato la sua bambina alla scuola materna
, e tornato a casa, ha preso la corda per saltare della più piccola e si è impiccato. La morte di Mario era scritta tra le cifre con cui politici e imprenditori sempre più spesso parlano di disoccupazione (e precariato) dimenticando che ad ogni unità che si aggiunge alle loro cifre ci sono migliaia di nuove tragedie che si consumano nelle periferie di un’Italia sempre più indifferente a questi drammi.
, e tornato a casa, ha preso la corda per saltare della più piccola e si è impiccato. La morte di Mario era scritta tra le cifre con cui politici e imprenditori sempre più spesso parlano di disoccupazione (e precariato) dimenticando che ad ogni unità che si aggiunge alle loro cifre ci sono migliaia di nuove tragedie che si consumano nelle periferie di un’Italia sempre più indifferente a questi drammi.
Venerdì Mario ha deciso di scrollarsi di dosso quel peso, che assomiglia ad un fallimento, che schiaccia un padre quando non ha i soldi per realizzare i piccoli desideri dei propri figli. Mario ci ha lasciato perché a lui è stato negato il diritto di pensare un futuro migliore per le sue bambine.
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