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Precariato e migrazione tra l'interessamento del Papa e il disinteresse dei giovani


Che cosa significa la parola « decenza » applicata al lavoro? Significa un lavoro che, in ogni società, sia l'espressione della dignità essenziale di ogni uomo e di ogni donna…..
…..Si assiste oggi a una pesante contraddizione. Mentre, per un verso, si rivendicano presunti diritti, di carattere arbitrario e voluttuario, con la pretesa di vederli riconosciuti e promossi dalle strutture pubbliche, per l'altro verso, vi sono diritti elementari e fondamentali disconosciuti e violati nei confronti di tanta parte dell'umanità.


Questi due passaggi, che sembrano usciti dalla mano di uno dei tanti sociologi e politologi del movimento No-global, sono invece parte del testo dell’Enciclica di Papa Benedetto XVI: Caritas in veritate. Inviterei i bloggers a leggerla integralmente poiché è una spietata analisi della globalizzazione e della crisi della nostra società. Due sono gli elementi, tra i diversi trattati nell’Enciclica, che io vorrei portare all’attenzione: il precariato e la migrazione.
Il primo sembra che sia una piaga che non appartenga alla società italiana, in quanto l’agenda politica dei partiti pone la questione precariato al posto di quegli argomenti di cui è bene parlarne tanto ma su cui non bisogna fare niente. La cosa più raccapricciante è che ogni partito ha il suo circolo di giovani che si mobilitano su tutto, meno che per il precariato. Eppure sono proprio loro, i giovani ad essere le vittime preferite da sacrificare al fenomeno. È anche vero che i giovani che bazzicano nei partiti sono spesso come squali che mangiano i loro fratelli in una lotta “a chi resta per ultimo”; a loro basta preparare una buona claque ai big e il problema precariato è un qualcosa che appartiene agli altri.
Oltre a questa doverosa critica, occorre far chiarezza sul fatto che precari si è per una legge (legge 30/2003): basterebbe che i nostri Parlamentari facessero una nuova legge sul lavoro e fine della storia. Perché questo immobilismo della classe politica sulla questione? La risposta è comune all’altra questione che il Papa ha affrontato: la migrazione.
La seconda questione che ha dato origine dalla seconda citazione, che parla di diritti, è quella dei migranti o meglio dei clandestini. Non tutti i migranti sono clandestini infatti. Ad alcuni è riconosciuta una qualche personalità giuridica che gli permette di aspirare ad avere diritti, un lavoro, un sindacato. Il resto sono clandestini, individui che vivono sul nostro territorio ma in uno spazio che non appartiene allo Stato italiano. Loro (i clandestini) vivono nell’ombra vittime della tratta, dei nostri vizi (la prostituzione), della mafia, del lavoro nero nei campi e infine anche di un corpo politico che li rinchiude nei CPT – luoghi senza diritto – ,o li fa arrestare per poi espellerli senza neanche fargli scontare un minimo di pena che, nonostante la stupidità di considerare la clandestinità un reato, potrebbe significare “io ti considero almeno alla pari di un nostrano delinquente”. Neanche questo la patria mia è capace di fare, riconoscere e rispettare una persona in quanto essere umano. Ma secondo quale disegno si decide chi accettare come persona (immigrato) e chi lasciare morire come clandestino?
Per rispondere alle due questioni poste sul precariato e sulla migrazione, Papa Benedetto XVI ha tirato in ballo il mercato globale, affermando che questo è sempre più orientato alla ricerca del profitto e sempre meno propenso a riconoscere la persona e a rispettarne la dignità. Aggiungerei che l’attuale logica del mercato globale decide, in questo mondo, chi far vivere e chi lasciar morire e la decisione non è più tra Paesi ricchi e Paesi poveri, tra migranti e cittadini: in Italia col precariato anche gli stessi cittadini subiscono la selezione in parola.
Concluderei con le parole del Papa, che assai saggiamente ha esposto i rischi cui si va incontro se si continua a non rispettare i diritti umani dei lavoratori da parte delle grandi imprese transnazionali e dei gruppi di produzione locale: « L'aumento sistemico delle ineguaglianze tra gruppi sociali all'interno di un medesimo Paese e tra le popolazioni dei vari Paesi, ossia l'aumento massiccio della povertà in senso relativo, non solamente tende a erodere la coesione sociale, e per questa via mette a rischio la democrazia, ma ha anche un impatto negativo sul piano economico, attraverso la progressiva erosione del « capitale sociale », ossia di quell'insieme di relazioni di fiducia, di affidabilità, di rispetto delle regole, indispensabili ad ogni convivenza civile

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